Molti paesi di montagna si spopolano, altri sono abbandonati … un problema sempre più attuale ma sottovalutato
Le mezze stagioni mettono a nudo la grande solitudine della montagna, di quella montagna vera e difficile, autentica … non quella delle località famose e blasonate delle piste da sci o delle terme, centri sportivi, ecc.
Parlando di spopolamento parliamo di quella montagna dimenticata e sconosciuta dove la vita segue i ritmi naturali, dove non ci sono alternative … quella montagna dei nostri padri e nonni lontanissima dall’ipertecnologizzazione odierna, caduta nell’oblio di questa società distratta e frenetica.
Già molte frazioni alpine ed appenniniche, in vallate non turistiche sono ormai abbandonate a se stesse, restituite alla forza della natura a causa del disinteresse dei figli e nipoti degli antichi abitanti, delle amministrazioni locali e della pretenziosità del turista che vuole ritrovare la città in montagna.
Si salvano da questo abbandono quei paesi che in estate si ripopolano dei vecchi abitanti che tornano per le ferie, dando vita a momenti di ritrovo e festa; paesi che, per contro, poi si trovano spopolati durante il resto dell’anno ed in alcuni periodi, rimangono anche completamente isolati per le abbondanti nevicate.
Questo spopolamento è un dato di fatto oggettivo e potrebbe portare, nel giro di pochi anni ad avere “villaggi fantasma”. La gente lascia la montagna perché queste terre non offrono né garanzie, né quello standard richiesto dalla vita moderna.
Modi per salvaguardare queste realtà ce ne sarebbero, ma oggettivamente l’unica risorsa sfruttabile è il turismo che però al giorno d’oggi richiede un complesso di infrastrutture eccessivamente oneroso per queste piccole realtà sconosciute. I posti di lavoro che si creerebbero non sarebbero comunque sufficienti a coprire la domanda, investire in realtà sconosciute al turista comporta un rischio altissimo, si crea di conseguenza una situazione di stallo in cui nessuno (amministrazioni e privati) azzarda a creare qualcosa per il futuro di questi paesi, per il timore di non ricevere riscontro economico all’investimento.
Vivere di pastorizia e agricoltura, purtroppo si sa, che al giorno d’oggi non dà di che vivere; soppiantate dagli allevamenti e coltivazioni intensive della pianura, le piccole produzioni danno poco più del sostentamento personale, impedendo di sostenere le spese che la vita moderna richiede (tasse, scolarizzazione, sanità, trasporti, ecc).
Dati di fatto questi che portano a pensare che presto le piccole realtà della montagna saranno abbandonate al degrado e alla forza della natura, portandoci, probabilmente a rendercene realmente conto solo quando sarà troppo tardi.